Menu principale:
“Noi, gioco per un giorno, dei bambini di Chernobyl”: diario di viaggio nell’inferno di neve
18 maggio 2013
di Redazione
L’attesa è la cosa che sicuramente logora più di tutto, quando vuoi arrivare. Quindi, partiti di buon mattino, ci dirigiamo in Bielorussia. Laura non tornava da tre anni, io ero preoccupato di concretizzare un progetto nuovo per AICC, Alice – la nostra nuova compagna di viaggio – per coronare il sogno della sua vita.
Sono state molte le facili polemiche col “senno di poi” sulla scelta di arrivare a Kiev, ma considerato che abbiamo fatto viaggi ben peggiori per ben meno nobili motivi, accettiamo di buon grado tutto ciò e ci godiamo il nuovo paesaggio.
Ci colpisce sempre l’accoglienza riservataci: da parte di Pavel, il nostro instancabile autista ed interprete nonché nostro amico; da parte dell’istituto di Vasilievich col quale collaboriamo da anni; ed infine da parte di tutti i bambini ospitati negli anni precedenti a Casalbarbato, che ad uno ad uno ci sfilano davanti.
Il pomeriggio è il turno di Alice, che a Gomel, nel giro di pochi minuti, ritrova i suoi bambini; un poco grandicelli a dire il vero, ma sono sempre i suoi bambini.
La sera, per la prima volta dal giorno precedente, ci separiamo: Alice e Laura cenano con i ragazzi a casa di una loro accompagnatrice ed io con Pavel e Misha in un ristorante bielorusso di Gomel. Alla fine ci ritroviamo per un lungo giro nel parco e ci accorgiamo che la giornata è stata intensa nonché lunghissima e ricca di emozioni come sempre, del resto, quando si arriva in un paese che non è il tuo.
Dario ed Enrico ci terrebbero molto che partecipassimo alla distribuzione del materiale nei sette istituti di Gomel; forse per la mia stazza, visto che la merce del convoglio umanitario non è solo da scaricare a destinazione, ma anche da caricare sul furgone.
Tra crisi isteriche e pianti del funzionario Bielorusso la merce viene consegnata tutta, sembra un sistema perfetto……. A parte il fatto che chi decide quale materiale richiedere spesso non conosca le vere esigenze, in quanto, secondo testimonianze, “causa dissapori con il personale dei reparti o pigrizia nel fare un giro in dispensa, non vengono accontentate le vere necessità”.
Ne è riprova il fatto che nell’ospedale psichiatrico di Gomel veniamo “richiamati” per non avere portato niente ai bambini; secondo la responsabile un gioco, purché piccolo, “tiene attaccati alla normalità” i bambini ospiti della struttura.
Da notare che comunque “Help for Children” fa un grande lavoro; tante sono state le merci scaricate ed Enrico. Mi fa vedere una nuova stanza pagata da loro lo scorso anno, oltre a mettermi al corrente dei progetti futuri di cui si discuteva con la dottoressa.
Ci spiegano che ospitano in due reparti quaranta ragazzi/bambini e tra loro spicca un bambino semiparalizzato che non riesce e non riescono a nutrire… Non capisco perché sia lì, magari prima di “curare i problemi mentali” dovrebbero pensare a farlo sopravvivere con un’alimentazione artificiale non prevista – come immaginavo – in quel reparto.
Tra gli altri ci fanno notare che ci sono quattro bambini tra gli otto e i dodici anni che hanno tentato il suicidio per problemi accertati in ambito domestico e altri che si trovano lì per curare sindromi depressive. Per tutti c’è la cura del bicchierino e della pillola che varia dal colore bianco al verde o rosso… In alcuni casi anche tutti e tre. A dirla tutta, la dottoressa ne ha fatta gentilmente ingoiare una anche a me, su insistenza degli stessi bambini, visto che in quel momento ero al loro tavolo (ma per fortuna era una caramella).
Donatella piange commossa ai piedi del bambino paralizzato in carrozzina, lui per quanto “malato mentale” tenta di sollevarsi ed accenna un sorriso… Parlandogli e tenendogli le mani si ha l’impressione agghiacciante non di un bambino in coma ma di un prigioniero del proprio corpo.
Dario mi fa notare un bambino dall’aspetto normalissimo e dice: “guarda questo bambino… che cosa ha che non va???”.
Scopriamo che questi bimbi con “malattie mentali” in realtà non sono altro che le vittime dei genitori alcolizzati e allo stesso tempo le vittime del sistema burocratico/sanitario Bielorusso con i suoi sistemi di gestione.
In pratica il bambino depresso o disadattato viene seguito da un assistente sociale, viene internato in un ospedale psichiatrico con altri bambini che hanno veramente grossi problemi mentali e, con la sola cura di pillole colorate ,si cerca di farli tornare alla normalità…………….. NON CI CREDO.
L’unica cosa positiva è che per un certo periodo sono lontano dai genitori: una bambina ”guarita” è stata rimandata a casa e la sera stessa, causa una lite in famiglia, durante l’inverno e col freddo, è ritornata in ospedale in ospedale. A piedi.
Per oggi noi siamo il nuovo GIOCO dei bambini e, poco dopo, superata la diffidenza, si avvicina una bambina che con un simpatico accento “romanesco” mi dice queste parole ad un orecchio: “ma a noi non avete portato niente?”……….
dal “Diario di viaggio” di Giuseppe Fava
In quel momento non sarei riuscito a guardarmi allo specchio… In silenzio mi fissavano i sei bambini di quel tavolo aspettando una risposta, con gli occhi bassi ho detto che non sapevo di venire lì e, purtroppo no… non avevo niente per loro… Sapevano che era una scusa e Valeria (la bambina che parla il romanesco) mi fa capire che se fossi tornato avrei potuto portare anche “qualcosa di piccolo”.
Privazione della libertà: le porte non hanno maniglie, le aprono solo gli inservienti, quindi in ogni stanza sei come in una prigione.
Privazione degli affetti famigliari: posso capire che i genitori siano degli imbecilli…. Ma possibile che nessun parente, temporaneamente, possa occuparsi di loro?
Privazione di ogni forma di proprietà: i bambini hanno solo quello che indossano, non ci sono armadietti o scatole dove possano riporre qualcosa. Per scherzare ho rubato un foglio da quaderno ad una bambina che prontamente ha pianto in quanto era l’unica cosa che possedeva. Da quello che ho visto e ascoltato da Valeria, finché sono ricoverati non vanno a scuola.
Valeria mi confida anche che ti trattano bene, ma che purtroppo si mangia male. Laura mi fa notare che sono i più grandi che si occupano dei piccoli, compreso il ragazzino in coma sulla carrozzina. In effetti gli inservienti sono distaccati, seduti vicino alla finestra. Una ragazza di circa 13 anni, invece, passa tutto il tempo con in spalla i più piccoli (era lei quella che aveva tentato il suicidio).
In quell’istituto ci siamo andati in due giorni differenti e, guardando le foto che ho scattato, ho notato che i diversi giochi presenti nello scaffale mobile quando siamo arrivati con una visita annunciata non vi erano più il giorno dopo, durante la visita a sorpresa. E ho notato che nessuno dei genitori era venuto a prendere i bambini per passare qualche giorno di festa con loro.
In tutto il mondo si dice da sempre che il gioco è il nutrimento dell’anima di un bambino… E qui cosa si fa? Si assiste alla morte dell’anima pensando che la stronzaggine di genitori alcolizzati sia una malattia del bambino!
Questi bambini, oltre ad essere le vittime degli stessi genitori, subiscono quindi la politica corrotta che preferisce dimenticarsi di loro e costruire sette centri commerciali a Gomel (due dei quali sono aperti giorno e notte), taglia i fondi a queste strutture e nello stesso tempo rende impossibile gli aiuti umanitari grazie a piccoli funzionari locali colpevoli a loro volta di una burocrazia contorta al fine di mantenere il più possibile la sedia in un ufficio.
Ed infine è colpevole la maggior parte del popolo Bielorusso, per una quasi totale mancanza di empatia… A dire il vero sono molto impegnati in questi sette nuovi centri commerciali a comperare i loro bei vestitini cinesi da sfoggiare a qualsiasi ora.
I veri ammalati in questo paese non sono questi bambini, ma chi permette tutto ciò.
Ci perdoneranno quindi tutti coloro che al nostro ritorno si aspettavano vodka e matrioske… I soldi accantonati per tale scopo sono finiti in un negozio di pelouches (che ha chiuso subito dopo), per acquistare un sacco di pupazzetti da portare ai bambini dell’ospedale psichiatrico di Gomel.
Nel medesimo tempo gli amici di Help portavano uno scatolone di vitamine per il bambino in coma che non riesce a nutrirsi.
In un asilo dove vengono ospitati bambini abbandonati, orfani, alcuni dei quali in stato vegetativo, una dottoressa ci spiega che l’anno scorso una bambina è stata sepolta viva dalla mamma, nella neve, perché considerata brutta e con qualche problema “non accertato”. Ma per fortuna è stata trovata da una vicina, ancora viva. Si chiama ALEXANDRA.
Dopo questo, non è successo niente che valga la pena di raccontare.
Giuseppe Fava & Laura Biloni
Vogliamo ricordare l’impegno, già da qualche anno, della Carbonara Blog (vedi gli articoli già pubblicati su questo Blog, uno per tutti: http://www.lacarbonarablog.it/?p=14266 ) nel tentativo di costruire un ponte solidale tra le famiglie italiane (castelfranchesi, in particolare) e questi “bambini di Chernobyl”. Bambini che hanno bisogno di stare lontani dalla zona rossa, di respirare la “nostra” aria e di seguire un’alimentazione bilanciata. Ma soprattutto BAMBINI che hanno bisogno di imparare a “sentirsi bambini”. Ovviamente ci riferiamo a bambini non malati, ma che possono rischiare di ammalarsi di tumore alla tiroide e leucemia. Per un bambino bielorusso la probabilità di non ammalarsi è solo del 15%. Quattro bambini su dieci tra quelli che avevano un anno all’epoca dell’incidente alla centrale Nucleare di Chernobyl (26 aprile 1986), sono destinati a contrarre queste malattie. E BASTA UN SOLO MESE ALL’ANNO A RIDURRE DEL 50% LA PROBABILITA’ DI CONTRARRE QUESTE MALATTIE.
Cosa possiamo fare noi da qui per loro? Possiamo ospitarli per le loro VACANZE DI SALUTE, in luglio o agosto.
Bambini dai 6 ai 17 anni aspettano solo di NON ESSERE DIMENTICATI.
E’ in questi giorni che si attivano le domande di accoglienza. Nella nostra regione c’è già chi lo fa. Anche a Castelfranco.
Per informazioni e contatti:
Luciano e Maurizia Borghi – tel. 059/923089 – e-mail: fabrizioborghi@alice.it
Associazione Aist-Cicogna Onlus: Giuliano Bonori – e-mail: me.te@iii.it – tel. 335.335558
Associazione Insieme a Casalbarbato per Chernobyl: www.insiemeacasalbarbatoperchernobyl.it
Giuseppe Fava: tel. 339.3573072
Potete scrivere anche alla Carbonara Blog: redazione@lacarbonarablog.it
Aiutiamo i bambini di Chernobyl: basta un abbraccio
Condividi:
Stampa
Email
Facebook42
Twitter1
Google +1
Tags: bambini di Chernobyl, Bielorussia, Chernobyl, Giuseppe Fava, Gomel, ospitalità temporanea bambini di Chernobyl, vacanze di salute